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Il trovatore-Giuseppe Verdi

Chủ đề trong 'Âm nhạc' bởi Angelique, 03/05/2001.

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  1. Angelique

    Angelique Thành viên quen thuộc

    Tham gia ngày:
    17/04/2001
    Bài viết:
    940
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    Il trovatore

    Dramma in quattro parti

    Musica di Giuseppe Verdi

    Libretto di Salvatore Cammarano



    PARTE/scena: In



    Il Conte di Luna, Baritono

    Leonora, Soprano

    Azucena, Mezzosoprano

    Manrico, Tenore

    Ferrando, Basso profondo

    Ines, Soprano

    Ruiz, Tenore

    Un vecchio Zingaro, Basso

    Un Messo, Tenore

    Compagne di Leonora e Religiose, Familiari del Conte, Uomini d'arme, Zingari e Zingare





    L'avvenimento ha luogo parte in Biscaglia, parte in Aragona.

    Epoca dell'azione: il principio del secolo XV





    Parte prima: Il duello

    Parte seconda: La gitana

    Parte terza: Il figlio della zingara

    Parte quarta. Il supplizio





    PARTE/scena: In

    I | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |

    II | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |

    III | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |6 |

    IV | 1 | 2 | 3 | 4 |

    Out



    PARTE PRIMA - Il Duello

    Scena I



    Atrio nel palazzo dell'Aliaferia.

    Da un lato, porta che mette agli appartamenti del Conte di Luna Ferrando e molti Familiari del Conte giacciono presso la porta; alcuni Uomini d'arme passeggiano in fondo.



    Ferrando: (ai Familiari vicini ad assopirsi)

    All'erta, all'erta! Il Conte

    N'ố d'uopo attender vigilando; ed egli

    Talor presso i veroni

    Della sua cara, intere

    Passa le notti.



    Familiari:

    Gelosia le fiere

    Serpi gli avventa in petto!



    FERRANDO:

    Nel Trovator, che dai giardini move

    Notturno il canto, d'un rivale a dritto

    Ei teme.



    Familiari:

    Dalle gravi

    Palpebre il sonno a discacciar, la vera

    Storia ci narra di Garzia, germano

    Al nostro Conte.



    FERRANDO:

    La dirũ: venite intorno a me.

    (I Familiari eseguiscono)



    Armigeri: (accostandosi pur essi)

    Noi pure...



    Familiari:

    U***e, u***e.

    (Tutti accerchiano Ferrando)



    FERRANDO:

    Di due figli vivea padre beato

    Il buon Conte di Luna:

    Fida nutrice del secondo nato

    Dormia presso la cuna.

    Sul romper dell'aurora un bel mattino

    Ella dischiude i rai;

    E chi trova d'accanto a quel bambino?



    CORO:

    Chi?... Favella... Chi mai?



    FERRANDO:

    Abbietta zingara, fosca vegliarda!

    Cingeva i simboli di una maliarda!

    E sul fanciullo, con viso arcigno,

    L'occhio affiggeva torvo, sanguigno!...

    D'orror compresa ố la nutrice...

    Acuto un grido all'aura scioglie;

    Ed ecco, in meno che il labbro il dice,

    I servi accorrono in quelle soglie;

    E fra minacce, urli e percosse

    La rea discacciano ch'entrarvi osũ.



    CORO:

    Giusto quei petti sdegno commosse;

    L'insana vecchia lo provocũ.



    FERRANDO:

    Asserỡ che tirar del fanciullino

    L'oroscopo volea...

    Bugiarda! Lenta febbre del meschino

    La salute struggea!

    Coverto di pallor, languido, affranto

    Ei tremava la sera.

    Il dỡ traeva in lamentevol pianto...

    Ammaliato egli era!

    (Il Coro inorridisce)

    La fatucchiera perseguitata

    Fu presa, e al rogo fu condannata;

    Ma rimaneva la maledetta

    Figlia, ministra di ria vendetta!...

    Compỡ quest'empia nefando eccesso!...

    Sparve il fanciullo e si rinvenne

    Mal spenta brace nel sito istesso

    Ov'arsa un giorno la strega venne!...

    E d'un bambino... ahimố!... l'ossame

    Bruciato a mezzo, fumante ancor!



    CORO:

    Ah scellerata!... oh donna infame!

    Del par m'investe odio ed orror!



    Alcuni:

    E il padre?



    FERRANDO:

    Brevi e tristi giorni visse:

    Pure ignoto del cor presentimento

    Gli diceva che spento

    Non era il figlio; ed, a morir vicino,

    Bramũ che il signor nostro a lui giurasse

    Di non cessar le indagini... ah! fỷr vane!...



    Armigeri:

    E di colei non s'ebbe

    Contezza mai?



    FERRANDO:

    Nulla contezza...

    Oh, dato mi fosse

    Rintracciarla un dỡ!...



    Familiari:

    Ma ravvisarla potresti?



    FERRANDO:

    Calcolando gli anni trascorsi... lo potrei.



    Armigeri:

    Sarebbe tempo presso la madre

    All'inferno spedirla.



    FERRANDO:

    All'inferno? ẩ credenza che dimori

    Ancor nel mondo l'anima perduta

    Dell'empia strega, e quando il cielo ố nero

    In varie forme altrui si mostri.



    Coro: (con terrore)

    E vero!



    Alcuni:

    Su l'orlo dei tetti alcun l'ha veduta!



    Altri:

    In upupa o strige talora si muta!



    Altri:

    In corvo tal'altra; piự spesso in civetta!

    Sull'alba fuggente al par di saetta.



    FERRANDO:

    Morỡ di paura un servo del conte,

    Che avea della zingara percossa la fronte!

    (Tutti si pingono di superstizioso terrore)

    Apparve a costui d'un gufo in sembianza

    Nell'alta quiete di tacita stanza!...

    Con l'occhio lucente guardava... guardava,

    Il cielo attristando d'un urlo feral!

    Allor mezzanotte appun*****onava...

    (Una campana suona improvvisamente a distesa mezzanotte)



    TUTTI:

    Ah! sia maledetta la strega infernal!

    (Gli uomini d'arme accorrono in fondo; i Familiari corrono verso la porta)





    PARTE PRIMA - Il Duello

    Scena II



    Giardini del palazzo.

    Sulla destra marmorea scalinata che mette agli appartamenti. La notte ố inoltrata; dense nubi coprono la luna.



    Leonora ed Ines



    INES:

    Che piự t'arresti?... l'ora ố tarda: vieni.

    Di te la regal donna

    Chiese, l'udisti.



    LEONORA:

    Un'altra notte ancora

    Senza vederlo...



    INES:

    Perigliosa fiamma

    Tu nutri!... Oh come, dove

    La primiera favilla

    In te s'apprese?



    LEONORA:

    Ne' tornei. V'apparve

    Bruno le vesti ed il cimier, lo scudo

    Bruno e di stemma ignudo,

    Sconosciuto guerrier, che dell'agone

    Gli onori ottenne... Al vincitor sul crine

    Il serto io posi... Civil guerra intanto

    Arse... Nol vidi piự! come d'aurato

    Sogno fuggente imago! ed era volta

    Lunga stagion... ma poi...



    INES:

    Che avvenne?



    LEONORA:

    Ascolta.

    Tacea la notte placida

    e bella in ciel sereno

    La luna il viso argenteo

    Mostrava lieto e pieno...

    Quando suonar per l'aere,

    Infino allor sỡ muto,

    Dolci s'udiro e flebili

    Gli accordi d'un liuto,

    E versi melanconici

    Un Trovator cantũ.

    Versi di prece ed umile

    Qual d'uom che prega Iddio

    In quella ripeteasi

    Un nome... il nome mio!...

    Corsi al veron sollecita...

    Egli era! egli era desso!...

    Gioia provai che agli angeli

    Solo ố provar concesso!...

    Al core, al guardo estatico

    La terra un ciel sembrũ.



    INES:

    Quanto narrasti di turbamento

    M'ha piena l'alma!... Io temo...



    LEONORA:

    Invano!



    INES:

    Dubbio, ma triste presentimento

    In me risveglia quest'uomo arcano!

    Tenta obliarlo...



    LEONORA:

    Che dici!... oh basti!...



    INES:

    Cedi al consiglio dell'amist...

    Cedi...



    LEONORA:

    Obliarlo! Ah, tu parlasti

    Detto, che intendere l'alma non sa.

    Di tale amor che dirsi

    Mal puũ dalla parola,

    D'amor che intendo io sola,

    Il cor s'inebriũ! Il mio destino compiersi

    Non puũ che a lui dappresso...

    S'io non vivrũ per esso,

    Per esso io morirũ!



    INES:

    (Non debba mai pentirsi

    Chi tanto un giomo amũ!)

    (Ascendono agli appartamenti)





    PARTE PRIMA - Il Duello

    Scena III



    Conte



    CONTE:

    Tace la notte! immersa

    Nel sonno, ố certo, la regal Signora;

    Ma veglia la sua dama...

    Oh! Leonora,

    Tu desta sei; mel dice,

    Da quel verone, tremolante un raggio

    Della notturna lampa...

    Ah! l'amorosa fiamma

    M'arde ogni fibra!...

    Ch'io ti vegga ố d'uopo,

    Che tu m'intenda...

    Vengo... A noi supremo

    ẩ tal momento...

    (Cieco d'amore avviasi verso la gradinata. Odonsi gli accordi d'un liuto: egli s'arresta)

    Il Trovator! Io fremo!

    La voce del Trovatore (fra le piante)

    Deser*****lla terra,

    Col rio destino in guerra

    E sola spese un cor

    Al Trovator!

    Ma s'ei quel cor possiede,

    Bello di casta fede,

    E d'ogni re maggior

    Il Trovator!



    CONTE:

    Oh detti!... Oh gelosia!...

    Non m'inganno...

    Ella scende!

    (S'avvolge nel suo mantello)





    PARTE PRIMA - Il Duello

    Scena IV



    Leonora e il Conte



    Leonora: (correndo verso il Conte)

    Anima mia!



    CONTE:

    (Che far?)



    LEONORA:

    Piự dell'usato

    ẩ tarda l'ora; io ne contai gl'istanti

    Co' palpiti del core!...

    Alfin ti guida

    Pietoso amor tra queste braccia...

    La voce del Trovatore

    Infida!...



    (La luna mostrasi dai nugoli, e lascia scorgere una persona, di cui la visiera nasconde il volto)





    PARTE PRIMA - Il Duello

    Scena V



    Manrico e detti



    LEONORA:

    Qual voce!... Ah, dalle tenebre

    Tratta in errore io fui!

    (riconoscendo entrambi, e gettandosi ai piedi di Manrico, agitatissima)

    A te credei rivolgere

    L'accento e non a lui...

    A te, che l'alma mia

    Sol chiede, sol desỡa...

    Io t'amo, il giuro, io t'amo

    D'immenso, eterno amor!



    CONTE:

    Ed osi?



    MANRICO: (sollevando Leonora)

    (Ah, piự non bramo!)



    CONTE:

    Avvampo di furor!

    Se un vil non sei discovriti.



    LEONORA:

    (Ohimố!)



    CONTE:

    Palesa il nome...



    LEONORA: (sommessamente a Manrico)

    Deh, per piet!...



    MANRICO: (sollevando la visiera dell'elmo)

    Ravvisami, Manrico io son.



    CONTE:

    Tu!... Come!

    Insano temerario!

    D'Urgel seguace, a morte

    Proscritto, ardisci volgerti

    A queste regie porte?



    MANRICO:

    Che tardi?... or via, le guardie

    Appella, ed il rivale

    Al ferro del carnefice

    Consegna.



    CONTE:

    Il tuo fatale istante

    Assai piự prossimo

    ẩ, dissennato! Vieni...



    LEONORA:

    Conte!



    CONTE:

    Al mio sdegno vittima

    ẩ d'uopo ch'io ti sveni...



    LEONORA:

    Oh ciel! t'arresta...



    CONTE:

    Seguimi...



    MANRICO:

    Andiam...



    LEONORA:

    (Che mai farũ?

    Un sol mio grido perdere

    Lo puote..) M'odi...



    CONTE:

    No!

    Di geloso amor sprezzato

    Arde in me tremendo il foco!

    Il tuo sangue, o sciagurato,

    Ad estinguerlo fia poco!

    (a Leonora)

    Dirgli, o folle, - Io t'amo - ardisti!...

    Ei piự vivere non puũ...

    Un accento proferisti

    Che a morir lo condannũ!



    LEONORA:

    Un istante almen dia loco

    Il tuo sdegno alla ragione...

    Io, sol io, di tanto foco

    Son, pur troppo, la cagione!

    Piombi, ah! piombi il tuo furore

    Sulla rea che t'oltraggiũ...

    Vibra il ferro in questo core,

    Che te amar non vuol, nộ puũ.



    MANRICO:

    Del superbo vana ố l'ira;

    Ei cadr da me trafitto.

    Il mortal che amor t'ispira,

    Dall'amor fu reso invitto.

    (al Conte)

    La tua sorte ố gi compita...

    L'ora ormai per te suonũ!

    Il suo core e la tua vita

    Il destino a me serbũ!



    (I due rivali si allontanano con le spade sguainate; Leonora cade, priva di sentimenti)





    PARTE/scena: In

    I | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |

    II | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |

    III | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |6 |

    IV | 1 | 2 | 3 | 4 |

    Out



    PARTE SECONDA - La Gitana

    Scena I



    Un diruto abituro sulle falde di un monte della Biscaglia.

    Nel fondo, quasi tutto aperto, arde un gran fuoco. I primi albori. Azucena siede presso il fuoco. Manrico le sta disteso accanto sopra una coltrice ed avviluppato nel suo mantello; ha l'elmo ai piedi e fra le mani la spada, su cui figge immobilmente lo sguardo. Una banda di Zingari ố sparsa all'interno



    ZINGARI:

    Vedi! Le fosche notturne spoglie

    De' cieli sveste l'immensa volta;

    Sembra una vedova che alfin si toglie

    I bruni panni ond'era involta.

    All'opra! all'opra!

    Dgli, martella.



    (Dnno di piglio ai loro ferri del mestiere; al misurato tempestar dei martelli cadenti sulle incudini, or uomini, or donne, e tutti in un tempo infine intonano la cantilena seguente:)



    Chi del gitano i giorni abbella?

    La zingarella!



    Uomini:(alle donne, sostando un poco dal lavoro)

    Versami un tratto; lena e coraggio

    Il corpo e l'anima traggon dal bere.

    (Le donne mescono ad essi in rozze coppe)



    TUTTI:

    Oh guarda, guarda! del sole un raggio

    Brilla piự vivido nel mio/tuo bicchiere!

    All'opra, all'opra...

    Dgli, martella...

    Chi del gitano i giorni abbella?

    La zingarella!



    AZUCENA: (Canta: gli Zingari le si fanno allato)

    Stride la vampa! - la folla indomita

    Corre a quel fuoco - lieta in sembianza;

    Urli di gioia - intorno echeggiano:

    Cinta di sgherri - donna s'avanza!

    Sinistra splende - sui volti orribili

    La tetra fiamma - che s'alza al ciel!

    Stride la vampa! - giunge la vittima

    Nerovestita, - discinta e scalza!

    Grido feroce - di morte levasi;

    L'eco il ripete - di balza in balza!

    Sinistra splende - sui volti orribili

    La tetra fiamma - che s'alza al ciel!



    ZINGARI:

    Mesta ố la tua canzon!



    AZUCENA:

    Del pari mesta

    Che la storia funesta

    Da cui tragge argomento!

    (Rivolge il capo dalla parte di Manrico e mormora sommessamente:)

    Mi vendica... Mi vendica!



    MANRICO:

    (L'arcana parola ognor!)



    Vecchio Zingaro:

    Compagni, avanza il giorno

    A procacciarci un pan, su, su!... scendiamo

    Per le propinque ville.



    Uomini:

    Andiamo.

    (Ripongono sollecitamente nel sacco i loro arnesi)



    Donne:

    Andiamo.

    (Tutti scendono alla rinfusa giự per la china; tratto tratto e sempre a maggior distanza odesi il loro canto)



    ZINGARI:

    Chi del gitano i giorni abbella?

    La zingarella!



    Manrico: (sorgendo)

    Soli or siamo; deh, narra

    Questa storia funesta.



    AZUCENA:

    E tu la ignori,

    Tu pur!... Ma, giovinetto, i passi tuoi

    D'ambizion lo sprone

    Lungi traea!... Dell'ava il fine acerbo

    E quest'istoria... La incolpũ superbo

    Conte di malefizio, onde asserỡa

    Colto un bambin suo figlio... Essa bruciata

    Venne ov'arde quel foco!



    MANRICO: (rifuggendo con raccapriccio dalla fiamma)

    Ahi! Sciagurata!



    AZUCENA:

    Condotta ell'era in ceppi al suo destin tremendo!

    Col figlio sulle braccia, io la seguỡa piangendo.

    Infino ad essa un varco tentai, ma invano, aprirmi...

    Invan tentũ la misera fermarsi e benedirmi!

    Chộ, fra bestemmie oscene, pungendola coi ferri,

    Al rogo la cacciavano gli scellerati sgherri!

    Allor, con tronco accento: Mi vendica! esclamũ.

    Quel detto un'eco eterna in questo cor lasciũ.



    MANRICO:

    La vendicasti?



    AZUCENA:

    Il figlio giunsi a rapir del Conte:

    Lo trascinai qui meco...

    Le fiamme ardean gi pronte.



    Manrico: (con raccapriccio)

    Le fiamme!... oh ciel!... tu forse?...



    AZUCENA:

    Ei distruggeasi in pianto...

    Io mi sentiva il core dilaniato, infranto!...

    Quand'ecco agli egri spirti, come in un sogno, apparve

    La vision ferale di spaventose larve!

    Gli sgherri ed il supplizio!... La madre smorta in volto...

    Scalza, discinta!... il grido, il noto grido ascolto...

    Mi vendica!... La mano convulsa tendo... stringo

    La vittima... nel foco la traggo, la sospingo...

    Cessa il fatal delirio... L'orrida scena fugge...

    La fiamma sol divampa, e la sua preda strugge!

    Pur volgo intorno il guardo e innanzi a me vegg'io

    Dell'empio Conte il figlio...



    MANRICO:

    Ah! come?



    AZUCENA:

    Il figlio mio,

    Mio figlio avea bruciato!



    MANRICO:

    Che dici! quale orror!



    AZUCENA:

    Sul capo mio le chiome

    Sento rizzarsi ancor!

    (Azucena ricade trambasciata sul proprio seggio, Manrico ammutolisce colpito d'orrore e di sorpresa. Momenti di silenzio)



    MANRICO:

    Non son tuo figlio?

    E chi son io, chi dunque?



    AZUCENA: (con la sollecitudine di chi cerca emendare il proprio fallo)

    Tu sei mio figlio!



    MANRICO:

    Eppur dicesti...



    AZUCENA:

    Ah!... forse...

    Che vuoi! quando al pensier s'affaccia il truce

    Caso, lo spirto intenebrato pone

    Stolte parole sul mio labbro... Madre,

    Tenera madre non m'avesti ognora?



    MANRICO:

    Potrei negarlo?



    AZUCENA:

    A me, se vivi ancora,

    Nol dời? Notturna, nei pugnati campi

    Di Pelilla, ove spento

    Fama ti disse, a darti

    Sepoltura non mossi?

    La fuggente aura vital

    Non iscovrỡ, nel seno

    Non t'arrestũ materno affetto?...

    E quante cure non spesi

    A risanar le tante ferite! ...



    Manrico: (con nobile orgoglio)

    Che portai nel dỡ fatale...

    Ma tutte qui, nel petto!... Io sol, fra mille

    Gi sbandati, al nemico

    Volgendo ancor la faccia!... Il rio De Luna

    Su me piombũ col suo drappello; io caddi,

    Perũ da forte io caddi!



    AZUCENA:

    Ecco mercede

    Ai giorni, che l'infame

    Nel singolar certame

    Ebbe salvi da te!... Qual t'acciecava

    Strana piet per esso?



    MANRICO:

    Oh madre!... Non saprei dirlo a me stesso!

    Mal reggendo all'aspro assalto,

    Ei gi tocco il suolo avea:

    Balenava il colpo in alto

    Che trafiggerlo dovea...

    Quando arresta un moto arcano,

    Nel discender, questa mano...

    Le mie fibre acuto gelo

    Fa repente abbrividir!

    Mentre un grido vien dal cielo,

    Che mi dice: Non ferir!



    AZUCENA:

    Ma nell'alma dell'ingrato

    Non parlũ del cielo un detto!

    Oh! se ancor ti spinge il fato

    A pugnar col maledetto,

    Compi, o figlio, qual d'un Dio,

    Compi allora il cenno mio!

    Sino all'elsa questa lama

    Vibra, immergi all'empio in cor.



    MANRICO:

    Sỡ, lo giuro, questa lama

    Scender dell'empio in cor.

    (Odesi un prolunga*****ono di corno)

    L'usato messo Ruiz invia!

    Forse...

    (D fiato anch'esso al corno che tiene ad armacollo)



    AZUCENA:

    Mi vendica!

    (Resta concentrata quasi inconsapevole di ciũ che succede)





    PARTE SECONDA - La Gitana

    Scena II



    Messo e detti



    Manrico: (al Messo)

    Inoltra il piố.

    Guerresco evento, dimmi, seguỡa?



    Messo: (porgendo il foglio che Manrico legge)

    Risponda il foglio che reco a te.



    MANRICO:

    "In nostra possa ố Castellor; ne dời

    Tu, per cenno del prence,

    Vigilar le difese. Ove ti ố dato,

    Affrettati a venir...

    Giunta la sera,

    Tratta in inganno di tua morte al grido,

    Nel vicin Chiostro della croce il velo

    Cinger Leonora".

    (con dolorosa esclamazione)

    Oh giusto cielo!



    Azucena: (scuotendosi)

    (Che fia!)



    Manrico: (al Messo)

    Veloce scendi la balza,

    E d'un cavallo a me provvedi...



    Messo:

    Corro...



    Azucena: (frapponendosi)

    Manrico!



    MANRICO:

    Il tempo incalza...

    Vola, m'aspetta del colle a' piedi.

    (Il Messo parte frettolosamente)



    AZUCENA:

    E speri, e vuoi?...



    MANRICO:

    (Perderla?... Oh ambascia!...

    Perder quell'angelo?..)



    AZUCENA:

    (ẩ fuor di sộ!)



    MANRICO: (postosi l'elmo sul capo ed afferrando il mantello)

    Addio...



    AZUCENA:

    No... ferma... odi...



    MANRICO:

    Mi lascia...



    Azucena: (autorevole)

    Ferma... Son io che parlo a te!

    Perigliarti ancor languente

    Per cammin selvaggio ed ermo!

    Le ferite vuoi, demente,

    Riaprir del petto infermo?

    No, soffrirlo non poss'io...

    Il tuo sangue ố sangue mio!...

    Ogni stilla che ne versi

    Tu la spremi dal mio cor!



    MANRICO:

    Un momento puũ involarmi

    Il mio ben, la mia speranza!...

    No, che basti ad arrestarmi

    Terra e ciel non han possanza...

    Ah!... mi sgombra, o madre, i passi...

    Guai per te s'io qui restassi! ...

    Tu vedresti ai piedi tuoi

    Spento il figlio dal dolor!



    (S'allontana, indarno trattenuto da Azucena)





    PARTE SECONDA - La Gitana

    Scena III



    Atrio interno di un luogo di ritiro in vicinanza di Castellor. Alberi nel fondo. ẩ notte.



    Il Conte, Ferrando ed alcuni Seguaci inoltrandosi cautamente avviluppati nei loro mantelli



    CONTE:

    Tutto ố deserto, nộ per l'aura ancora

    Suona l'usato carme...

    In tempo io giungo!



    FERRANDO:

    Ar***a opra, o Signore,

    Imprendi.



    CONTE:

    Ar***a, e qual furente amore

    Ed irritato orgoglio

    Chiesero a me. Spento il rival, caduto

    Ogni ostacol sembrava a' miei desiri;

    Novello e piự possente ella ne appresta...

    L'altare! Ah no, non fia

    D'altri Leonora!...

    Leonora ố mia!

    Il balen del suo sorriso

    D'una stella vince il raggio!

    Il fulgor del suo bel viso

    Novo infonde in me coraggio!...

    Ah! l'amor, l'amore ond'ardo

    Le favelli in mio favor!

    Sperda il sole d'un suo sguardo

    La tempesta del mio cor.

    (Odesi il rintocco de' sacri bronzi)

    Qual suono!... oh ciel...



    FERRANDO:

    La squilla

    Vicino il rito annunzia!



    CONTE:

    Ah! pria che giunga

    All'altar... si rapisca!...



    FERRANDO:

    Ah bada!



    CONTE:

    Taci!...

    Non odo... andate... di quei faggi all'ombra

    Celatevi...

    (Ferrando e gli altri Seguaci si allontanano)

    Ah! fra poco

    Mia diverr... Tutto m'investe un foco!



    (Ansioso, guardingo osserva dalla parte donde deve giungere Leonora, mentre Ferrando e i Seguaci dicono sottovoce:)



    Ferrando, Seguaci:

    Ardire!... Andiam... celiamoci

    Fra l'ombre... nel mister!

    Ardire!... Andiam!... silenzio!

    Si compia il suo voler.



    Conte: (nell'eccesso del furore)

    Per me, ora fatale,

    I tuoi momenti affretta:

    La gioia che m'aspetta

    Gioia mortal non ố!...

    Invano un Dio rivale

    S'oppone nemmeno un Dio,

    Donna, rapirti a me!

    (S'allontana a poco a poco e si nasconde col Coro fra gli alberi)

    Coro interno di Religiose

    Ah!... se l'error t'ingombra,

    O figlia d'Eva, i rai,

    Presso a morir, vedrai

    Che un'ombra, un sogno fu,

    Anzi del sogno un'ombra

    La speme di quaggiự!

    Vieni e t'asconda il velo

    Ad ogni sguardo umano!

    Aura o pensier mondano

    Qui vivo piự non ố.

    Al ciel ti volgi e il cielo

    Si schiuder per te.





    PARTE SECONDA - La Gitana

    Scena IV



    Leonora con seguito muliebre. Ines, poi il Conte, Ferrando, Seguaci, indi Manrico.



    LEONORA:

    Perchố piangete?



    Donne:

    Ah!... dunque

    Tu per sempre ne lasci!



    LEONORA:

    O dolci amiche,

    Un riso, una speranza, un fior la terra

    Non ha per me! Degg'io

    Volgermi a Quei che degli afflitti ố solo

    Sostegno e dopo i penitenti giorni

    Puũ fra gli eletti al mio perduto bene

    Ricongiungermi un dỡ!... Tergete i rai

    E guidatemi all'ara! :

    (incamminandosi)



    Conte: (irrompendo ad un tratto)

    No, giammai!...



    Donne:

    Il Conte!



    LEONORA:

    Giusto ciel!



    CONTE:

    Per te non havvi

    Che l'ara d'imeneo.



    Donne:

    Cotanto ardỡa!...



    LEONORA:

    Insano!... E qui venisti?...



    CONTE:

    A farti mia.



    (E sỡ dicendo scagliasi verso Leonora, onde impadronirsi di lei, ma fra esso e la preda trovasi, qual fantasma sorto di sotterra, Manrico. Un grido universale irrompe)



    LEONORA:

    E deggio... e posso crederlo?

    Ti veggo a me d'accanto!

    ẩ questo un sogno, un'estasi,

    Un sovrumano incanto!

    Non regge a tanto giubilo

    Rapito, il cor sospeso!

    Sei tu dal ciel disceso,

    O in ciel son io cor te?



    CONTE:

    Dunque gli estinti lasciano

    Di morte il regno eterno;

    A danno mio rinunzia

    Le prede sue l'inferno!

    Ma se non mai si fransero

    De' giorni tuoi gli stami,

    Se vivi e viver brami,

    Fuggi da lei, da me. Manrico

    Nộ m'ebbe il ciel, nộ l'orrido

    Varco infernal sentiero...

    Infami sgherri vibrano

    Mortali colpi, ố vero!

    Potenza irresistibile

    Hanno de' fiumi l'onde!

    Ma gli empi un Dio confonde!

    Quel Dio soccorse a me.



    Donne: (a Leonora)

    Il cielo in cui fidasti

    Pietade avea di te.



    Ferrando, Seguaci: (al Conte)

    Tu col destin contrasti:

    Suo difensore egli ố.





    PARTE SECONDA - La Gitana

    Scena V



    Ruiz seguito da una lunga tratta di Armati, e detti



    RUIZ:

    Urgel viva!



    MANRICO:

    Miei prodi guerrieri!



    RUIZ:

    Vieni...



    Manrico: (a Leonora)

    Donna, mi segui.



    Conte: (opponendosi)

    E tu speri?



    LEONORA:

    Ah!



    Manrico: (al Conte)

    T'arresta...



    Conte: (sguainando la spada)

    Involarmi costei! No!



    Ruiz, Armati: (accerchiando il Conte)

    Vaneggi!



    Ferrando, Seguaci:

    Che tenti, Signor?

    (Il Conte ố disarmato da quei di Ruiz)



    CONTE: (con gesti ed accenti di maniaco furore)

    Di ragione ogni lume perdei!



    LEONORA:

    (M'atterrisce..)



    CONTE:

    Ho le furie nel cor!



    Ruiz, Armati: (a Manrico)

    Vien: la sorte sorride per te.



    Ferrando, Seguaci: (al Conte)

    Cedi; or ceder viltade non ố.



    (Manrico tragge seco Leonora, il Conte ố respinto; le donne rifuggono al cenobio. Scende subito la tela)







    PARTE/scena: In

    I | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |

    II | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |

    III | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |6 |

    IV | 1 | 2 | 3 | 4 |

    Out



    PARTE TERZA - Il figlio della Zingara

    Scena I



    Accampamento. A destra il padiglione del Conte di Luna, su cui sventola la bandiera in segno di supremo comando; da lungi torreggia Castellor. Scolte di Uomini d'arme dappertutto; alcuni giuocano, altri puliscono le armi, altri passeggiano, poi Ferrando dal padiglione del Conte



    Alcuni Armigeri:

    Or co' dadi, ma fra poco

    Giocherem ben altro gioco.



    Altri:

    Quest'acciar, dal sangue or terso,

    Fia di sangue in breve asperso!



    (Un grosso drappello di balestrieri attraversa il campo)



    Alcuni:

    Il soccorso dimandato!



    Altri:

    Han l'aspetto del valor!



    TUTTI:

    Piự l'assalto ritardato

    Or non fia di Castellor.



    FERRANDO:

    Sỡ, prodi amici; al dỡ novello ố mente

    Del capitan la rocca

    Investir d'ogni parte.

    Col pingue bottino

    Certezza ố rinvenir piự che speranza.

    Si vinca; ố nostro.



    TUTTI:

    Tu c'inviti a danza!

    Squilli, echeggi la tromba guerriera,

    Chiami all'armi,

    alla pugna, all'assalto;

    Fia domani la nostra bandiera

    Di quei merli piantata sull'alto.

    No, giammai non sorrise vittoria

    Di piự liete speranze finor!...

    Ivi l'util ci aspetta e la gloria,

    Ivi opimi la preda e l'onor.



    (Si disperdono)





    PARTE TERZA - Il figlio della Zingara

    Scena II



    Il Conte



    (Uscito dalla tenda volge uno sguardo bieco a Castellor)



    CONTE:

    In braccio al mio rival! Questo pensiero

    Come persecutor demone ovunque

    M'insegue!... In braccio al mio rival!... Ma corro,

    Surta appena l'aurora,

    Io corro a separarvi... Oh Leonora!



    (Odesi tumulto)





    PARTE TERZA - Il figlio della Zingara

    Scena III



    Ferrando e detto



    CONTE:

    Che fu?



    FERRANDO:

    Dappresso il campo

    S'aggirava una zingara: sorpresa

    Da' nostri esploratori,

    Si volse in fuga; essi, a ragion temendo

    Una spia nella trista,

    L'inseguir...



    CONTE:

    Fu raggiunta?



    FERRANDO:

    ẩ presa.



    CONTE:

    Vista

    L'hai tu?



    FERRANDO:

    No; della scorta

    Il condottier m'apprese

    L'evento.



    CONTE:

    Eccola.



    (Tumulto piự vicino)





    PARTE TERZA - Il figlio della Zingara

    Scena IV



    Detti, Azucena, con le mani avvinte, trascinata dagli Esploratori, un codazzo d'altri soldati



    Esploratori:

    Innanzi, o strega, innanzi...



    AZUCENA:

    Aita!... Mi lasciate... O furibondi,

    Che mal fec'io?



    CONTE:

    S'appressi.

    (Azucena ố tratta innanzi al Conte)

    A me rispondi

    E trema dal mentir!



    AZUCENA:

    Chiedi!



    CONTE:

    Ove vai?



    AZUCENA:

    Nol so.



    CONTE:

    Che?



    AZUCENA:

    D'una zingara ố costume

    Mover senza disegno

    Il passo vagabondo,

    Ed ố suo tetto il ciel,

    Sua patria il mondo.



    CONTE:

    E vieni?



    AZUCENA:

    Da Biscaglia, ove finora

    Le sterili montagne ebbi a ricetto!



    CONTE:

    (Da Biscaglia!)



    FERRANDO:

    (Che intesi!... O qual sospetto!)



    AZUCENA:

    Giorni poveri vivea,

    Pur contenta del mio stato;

    Sola speme un figlio avea...

    Mi lasciũ!... m'oblỡa, l'ingrato!

    Io deserta, vado errando

    Di quel figlio ricercando,

    Di quel figlio che al mio core

    Pene orribili costũ!...

    Qual per esso provo amore

    Madre in terra non provũ!



    FERRANDO:

    (Il Suo volto!)



    CONTE:

    Di', traesti

    Lunga etade tra quei monti?



    AZUCENA:

    Lunga, sỡ.



    CONTE:

    Rammenteresti

    Un fanciul, prole di conti,

    Involato al suo castello,

    Son tre lustri, e tratto quivi?



    AZUCENA:

    E tu, parla... sei?...



    CONTE:

    Fratello del rapito.



    AZUCENA:

    (Ah!)



    FERRANDO: (notando il mal nascosto terrore di Azucena)

    (Sỡ!)



    CONTE:

    Ne udivi

    Mai novella?



    AZUCENA:

    Io?... No... Concedi

    Che del figlio l'orme io scopra.



    FERRANDO:

    Resta, iniqua...



    AZUCENA:

    (Ohimố!..)



    FERRANDO:

    Tu vedi

    Chi l'infame, orribil opra

    Commettea...



    CONTE:

    Finisci.



    FERRANDO:

    ẩ dessa.



    Azucena: (piano a Ferrando)

    (Taci)



    FERRANDO:

    ẩ dessa che il bambino

    Arse!



    CONTE:

    Ah! perfida!



    CORO:

    Ella stessa!



    AZUCENA:

    Ei mentisce...



    CONTE:

    Al tuo destino

    Or non fuggi.



    AZUCENA:

    Deh!...



    CONTE:

    Quei nodi

    Piự stringete.

    (I soldati eseguiscono)



    AZUCENA:

    Oh! Dio!... Oh Dio!...



    CORO:

    Urla pure.



    Azucena: (con disperazione)

    E tu non m'odi,

    O Manrico, o figlio mio?...

    Non soccorri all'infelice

    Madre tua?



    CONTE:

    Sarebbe ver?

    Di Manrico genitrice?



    FERRANDO:

    Trema!...



    CONTE:

    Oh sorte!... in mio poter!



    AZUCENA:

    Deh, rallentate, o barbari,

    Le acerbe mie ritorte...

    Questo crudel supplizio

    ẩ prolungata morte...

    D'iniquo genitore

    Empio figliuol peggiore,

    Trema... V'ố Dio pe' miseri,

    E Dio ti punir!



    CONTE:

    Tua prole, o turpe zingara,

    Colui, quel tra***ore?...

    Potrũ col tuo supplizio

    Ferirlo in mezzo al core!

    Gioia m'innonda il petto,

    Cui non esprime il detto!...

    Meco il fraterno cenere

    Piena vendetta avr!

    Ferrando, Coro

    Infame pira sorgere,

    Ah, sỡ, vedrai tra poco...

    Nộ solo tuo supplizio

    Sar terreno foco!...

    Le vampe dell'inferno

    A te fina rogo eterno;

    Ivi penare ed ardere

    L'anima tua dovr!



    (Al cenno del Conte i Soldati traggon seco Azucena. Egli entra nella sua tenda, seguito da Ferrando)





    PARTE TERZA - Il figlio della Zingara

    Scena V



    Sala adiacente alla Cappella in Castellor, con il verone nel fondo.



    Manrico, Leonora e Ruiz



    LEONORA:

    Quale d'armi fragor poc'anzi intesi?



    MANRICO:

    Alto ố il periglio! vano

    Dissimularlo fora!

    Alla novella aurora

    Assaliti saremo!...



    LEONORA:

    Ahimố!... che dici!...



    MANRICO:

    Ma de' nostri nemici

    Avrem vittoria... Pari

    Abbiam al loro ardir, brando e coraggio!...

    (a Ruiz)

    Tu va'; le belliche opre,

    Nell'assenza mia breve, a te commetto.

    Che nulla manchi!...



    (Ruiz parte)





    PARTE TERZA - Il figlio della Zingara

    Scena VI



    Manrico e Leonora



    LEONORA:

    Di qual tetra luce

    Il nostro imen risplende!



    MANRICO:

    Il presagio funesto,

    Deh, sperdi, o cara!...



    LEONORA:

    E il posso?



    MANRICO:

    Amor... sublime amore,

    In tale istante ti favelli al core.

    Ah! sỡ, ben mio, coll'essere

    Io tuo, tu mia consorte,

    Avrũ piự l'alma intrepida,

    Il braccio avrũ piự forte;

    Ma pur se nella pagina

    De' miei destini ố scritto

    Ch'io resti fra le vittime

    Dal ferro ostil trafitto,

    Fra quegli estremi aneliti

    A te il pensier verr

    E solo in ciel precederti

    La morte a me parr!



    (Odesi il suono dell'organo della vicina cappella)



    A 2:

    L'onda de' suoni mistici

    Pura discende al cor!

    Vieni; ci schiude il tempio

    Gioie di casto amor.



    (Mentre s'avviano giubilanti al tempio, Ruiz sopraggiunge frettoloso)



    RUIZ:

    Manrico?



    MANRICO:

    Che?



    RUIZ:

    La zingara,

    Vieni, tra ceppi mira...



    MANRICO:

    Oh Dio!



    RUIZ:

    Per man de' barbari

    Accesa ố gi la pira...



    MANRICO: (accostandosi al verone)

    Oh ciel! mie membra oscillano...

    Nube mi copre il ciglio!



    LEONORA:

    Tu fremi!



    MANRICO:

    E il deggio!... Sappilo. Io son...



    LEONORA:

    Chi mai?



    MANRICO:

    Suo figlio!...

    Ah! vili!... il rio spettacolo

    Quasi il respir m'invola...

    Raduna i nostri, affrettati...

    Ruiz... va... torna... vola...



    (Ruiz parte)



    Di quella pira l'orrendo foco

    Tutte le fibre m'arse. avvampũ!...

    Empi, spegnetela, o ch'io fra poco

    Col sangue vostro la spegnerũ...

    Era gi figlio prima d'amarti,

    Non puũ frenarmi il tuo martir.

    Madre infelice, corro a salvarti,

    O teco almeno corro a morir!



    LEONORA:

    Non reggo a colpi tanto funesti...

    Oh, quanto meglio sarỡa morir!

    (Ruiz torna con Armati)



    Ruiz, Armati:

    All'armi, all'armi! eccone presti

    A pugnar teco, teco a morir.



    (Manrico parte frettoloso seguito da Ruiz e dagli Armati, mentre odesi dall'interno fragor d'armi e di bellici strumenti)







    PARTE/scena: In

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    Out



    PARTE QUARTA - Il supplizio

    Scena I



    Un'ala del palazzo dell'Aliaferia. All'angolo una torre con finestre assicurate da spranghe di ferro. Notte oscurissima.

    Si avanzano due persone ammantellate: sono Ruiz e Leonora



    RUIZ: (sommessamente)

    Siam giunti; ecco la torre, ove di Stato

    Gemono i prigionieri... ah, l'infelice

    Ivi fu tratto!



    LEONORA:

    Vanne,

    Lasciami, nộ timor di me ti prenda...

    Salvarlo io potrũ forse.

    (Ruiz si allontana)

    Timor di me?... sicura,

    Presta ố la mia difesa.

    (I suoi occhi figgonsi ad una gemma che le fregia la mano destra).

    In quest'oscura

    Notte ravvolta, presso a te son io,

    E tu nol sai... Gemente

    Aura che intorno spiri,

    Deh, pietosa gli arreca i miei sospiri...

    D'amor sull'ali rosee

    Vanne, sospir dolente:

    Del prigioniero misero

    Conforta l'egra mente...

    Com'aura di speranza

    Aleggia in quella stanza:

    Lo desta alle memorie,

    Ai sogni dell'amor!

    Ma deh! non dirgli, improvvido,

    Le pene del mio cor!



    (Suona la campana dei morti)



    Voci interne:

    Miserere d'un'alma gi vicina

    Alla partenza che non ha ritomo!

    Miserere di lei, bont divina,

    Preda non sia dell'infernal soggiorno!



    LEONORA:

    Quel suon, quelle preci solenni, funeste,

    Empiron quest'aere di cupo terror!...

    Contende l'ambascia, che tutta m'investe,

    Al labbro il respiro, i palpiti al cor!



    (Rimane assorta; dopo qualche momento scuotesi, ed ố in procinto di partire, allorchộ viene dalla torre un gemito e quindi un mes*****ono: ella si ferma)



    Manrico: (dalla torre)

    Ah, che la morte ognora

    ẩ tarda nel venir

    A chi desia morir!...

    Addio, Leonora!



    LEONORA:

    Oh ciel!... sento mancarmi!

    Voci interne

    Miserere d'un'alma gi vicina

    Alla partenza che non ha ritorno!

    Miserere di lei, bont divina

    Preda non sia dell'infernal soggiorno!



    LEONORA:

    Sull'orrida torre, ah! par che la morte

    Con ali di tenebre librando si va!

    Ahi! forse dischiuse gli fian queste porte

    Sol quando cadaver gi freddo sar!



    Manrico: (dalla torre)

    Sconto col sangue mio

    L'amor che posi in te!...

    Non ti scordar di me!

    Leonora, addio!



    LEONORA:

    Di te, di te scordarmi!!...

    Tu vedrai che amore in terra

    Mai del mio non fu piự forte;

    Vinse il fato in aspra guerra,

    Vincer la stessa morte.

    O col prezzo di mia vita

    La tua vita io salverũ,

    O con te per sempre unita

    Nella tomba io scenderũ.





    PARTE QUARTA - Il supplizio

    Scena II



    S'apre una porta; n'escono il Conte ed alcuni Seguaci. Leonora si pone in disparte



    CONTE:

    U***e? Come albeggi,

    La scure al figlio ed alla madre il rogo.

    (I Seguaci entrano nella torre)

    Abuso io forse del poter che pieno

    In me trasmise il prence! A tal mi traggi,

    Donna per me funesta!... Ov'ella ố mai?

    Ripreso Castellor, di lei contezza

    Non ebbi, e furo ondarne

    Tante ricerche e tante!

    Ah! dove sei, crudele?



    Leonora: (avanzandosi)

    A te davante.



    CONTE:

    Qual voce!... come!... tu, donna?



    LEONORA:

    Il vedi.



    CONTE:

    A che venisti?



    LEONORA:

    Egli ố gi presso

    All'ora estrema; e tu lo chiedi?



    CONTE:

    Osar potresti?...



    LEONORA:

    Ah sỡ, per esso

    Piet dimando...



    CONTE:

    Che! tu deliri!

    Io del rival sentir piet?



    LEONORA:

    Clemente Nume a te l'ispiri...



    CONTE:

    ẩ sol vendetta mio Nume... Va.



    LEONORA: (Si getta disperatamente a' suoi piedi)

    Mira, di acerbe lagrime

    Spargo al tuo piede un rio:

    Non basta il pianto? svenami,

    Ti bevi il sangue mio...

    Calpesta il mio cadavere,

    Ma salva il Trovator!



    CONTE:

    Ah! dell'indegno rendere

    Vorrei peggior la sorte:

    Fra mille atroci spasimi

    Centuplicar sua morte;

    Piự l'ami, e piự terribile

    Divampa il mio furor!



    (Vuol partire, Leonora si avviticchia ad esso)



    LEONORA:

    Conte...



    CONTE:

    Nộ cessi?



    LEONORA:

    Grazia!...



    CONTE:

    Prezzo non havvi alcuno

    Ad ottenerla... scostati...



    LEONORA:

    Uno ve n'ha... sol uno!...

    Ed io te l'offro.



    CONTE:

    Spiegati, Qual prezzo, di'.



    LEONORA: (stendendo la destra con dolore)

    Me stessa!



    CONTE:

    Ciel!... tu dicesti?...



    LEONORA:

    E compiere

    Saprũ la mia promessa.



    CONTE:

    ẩ sogno il mio?



    LEONORA:

    Dischiudimi

    La via fra quelle mura...

    Ch'ei m'oda... Che la vittima

    Fugga, e son tua.



    CONTE:

    Lo giura.



    LEONORA:

    Lo giuro a Dio che l'anima

    Tutta mi vede!



    CONTE:

    Ol!



    (correndo all'uscio della torre. Si presenta un custode; mentre il Conte gli parla all'orecchio, Leonora sugge il veleno chiuso nell'anello)



    LEONORA:

    (M'avrai, ma fredda esanime spoglia)



    Conte: (a Leonora)

    Colui vivr.



    LEONORA: (alzando gli occhi, cui fanno velo lagrime di gioia)

    (Vivr!... contende il giubilo

    I detti a me, Signore...

    Ma coi frequenti palpiti

    Merce' ti rende il core!

    Ora il mio fine impavida,

    Piena di gioia attendo...

    Potrũ dirgli morendo:

    Salvo tu sei per me!)



    CONTE:

    Fra te che parli?... volgimi,

    Volgimi il detto ancora,

    O mi parr delirio

    Quanto ascoltai finora...

    Tu mia!... tu mia!... ripetilo.

    Il dubbio cor serena...

    Ah!... ch'io lo credo appena

    Udendolo da te!



    LEONORA:

    Andiam...



    CONTE:

    Giurasti... pensaci!



    LEONORA:

    ẩ sacra la mia fe'!



    (Entrano nella torre)





    PARTE QUARTA - Il supplizio

    Scena III



    Orrido carcere. In un canto finestra con inferriata. Porta nel fondo. Smorto fanale pendente dalla volta.



    Azucena giacente sopra una specie di rozza coltre, Manrico seduto a lei dappresso



    MANRICO:

    Madre?... non dormi?



    AZUCENA:

    L'invocai piự volte,

    Ma fugge il sonno a queste luci... Prego...



    MANRICO:

    L'aura fredda ố molesta

    Alle tue membra forse?



    AZUCENA:

    No; da questa

    Tomba di vivi sol fuggir vorrei,

    Perchộ sento il respiro soffocarmi!...



    Manrico: (torcendosi le mani)

    Fuggir!



    Azucena: (sorgendo)

    Non attristarti:

    Far di me strazio non potranno i crudi!



    MANRICO:

    Ah! come?



    AZUCENA:

    Vedi?... Le sue fosche impronte

    M'ha gi stampato in fronte

    Il ***o della morte!



    MANRICO:

    Ahi!



    AZUCENA:

    Troveranno

    Un cadavere muto, gelido!... anzi

    Uno scheletro!



    MANRICO:

    Cessa!



    AZUCENA:

    Non odi?... gente appressa...

    I carnefici son... vogliono al rogo

    Trarmi!... Difendi la tua madre!



    MANRICO:

    Alcuno,

    Ti rassicura, qui non volge...



    AZUCENA: (senza badare a Manrico, con ispavento)

    Il rogo!

    Parola orrenda!



    MANRICO:

    Oh madre!... oh madre!



    AZUCENA:

    Un giorno, turba feroce l'ava tua condusse

    Al rogo... Mira la terribil vampa!

    Ella n'ố tocca gi! gi l'arso crine

    Al ciel manda faville!...

    Osserva le pupille

    Fuor dell'orbita lor!... ahi... chi mi toglie

    A spettacol sỡ atroce?

    (cadendo tutta convulsa fra le braccia di Manrico)



    MANRICO:

    Se m'ami ancor, se voce

    Di figlio ha possa d'una madre in seno,

    Ai terrori dell'alma

    Oblỡo cerca nel sonno, e posa e calma.

    (La conduce presso alla coltre)



    AZUCENA:

    Sỡ, la stanchezza m'opprime, o figlio...

    Alla quợete io chiudo il ciglio...

    Ma se del rogo arder si veda

    L'orrida fiamma, destami allor.



    MANRICO:

    Riposa, o madre: Iddio conceda

    Men tristi immagini al tuo sopor.



    AZUCENA: (tra il sonno e la veglia)

    Ai nostri monti... ritorneremo...

    L'antica pace... ivi godremo..

    Tu canterai... sul tuo lợuto...

    In sonno placido... io dormirũ!



    MANRICO:

    Riposa, o madre: io prono e muto

    La mente al cielo rivolgerũ.



    (Azucena si addormenta. Manrico resta genuflesso accanto a lei)





    PARTE QUARTA - Il supplizio

    Scena Ultima



    Si apre la porta, entra Leonora: gli anzidetti, in ultimo il Conte con seguito di Armati



    MANRICO:

    Ciel!.. non m'inganna quel fioco lume?...



    LEONORA:

    Son io, Manrico...



    MANRICO:

    Oh, mia Leonora!

    Ah, mi concedi, pietoso Nume,

    Gioia sỡ grande, anzi ch'io mora?



    LEONORA:

    Tu non morrai... vengo a salvarti...



    MANRICO:

    Come!... a salvarmi?, fia vero!



    LEONORA:

    Addio...

    tronca ogni indugio... t'affretta... parti...

    (accennandogli la porta)



    MANRICO:

    E tu non vieni?



    LEONORA:

    Restar degg'io!...



    MANRICO:

    Restar!...



    LEONORA:

    Deh! fuggi!...



    MANRICO:

    No.



    LEONORA: (cercando di trarlo verso l'uscio)

    Guai se tardi!



    MANRICO:

    No...



    LEONORA:

    La tua vita!...



    MANRICO:

    Io la disprezzo...

    Pur figgi, o donna, in me gli sguardi!...

    Da chi l'avesti?... ed a qual prezzo?...

    Parlar non vuoi?... Balen tremendo!...

    Dal mio rivale!... intendo... intendo!...

    Ha quest'infame l'amor venduto...

    Venduto un core che mi giurũ!



    LEONORA:

    Oh, come l'ira ti rende cieco!

    Oh, quanto ingiusto, crudel sei meco!

    T'arrendi... fuggi, o sei perduto!

    Nemmeno il cielo salvar ti puũ!

    (Leonora si getta ai piedi di Manrico)



    Azucena: (dormendo)

    Ai nostri monti... ritorneremo...

    L'antica pace... ivi godremo...

    Tu canterai... sul tuo liuto...

    In sonno placido... io dormirũ...



    MANRICO:

    Ti scosta...



    LEONORA:

    Non respingermi...

    Vedi?... languente, oppressa, io manco...



    MANRICO:

    Va'... ti abbomino...

    Ti maledico...



    LEONORA:

    Ah, cessa!

    Non d'imprecar, di volgere

    Per me la prece a Dio

    ẩ questa l'ora!



    MANRICO:

    Un brivido

    Corse nel petto mio!



    Leonora: (Cade bocconi)

    Manrico!



    Manrico: (accorrendo a sollevarla)

    Donna, svelami...

    Narra.



    LEONORA:

    Ho la morte in seno...



    MANRICO:

    La morte!...



    LEONORA:

    Ah, fu piự rapida

    La forza del veleno

    Ch'io non pensava!...



    MANRICO:

    Oh fulmine!



    LEONORA:

    Senti! la mano ố gelo...

    (toccandosi il petto)

    Ma qui... qui foco orribile

    Arde...



    MANRICO:

    Che festi!... o cielo!



    LEONORA:

    Prima che d'altri vivere...

    Io volli tua morir!...



    MANRICO:

    Insano!... ed io quest'angelo

    Osava maledir!



    LEONORA:

    Piự non resisto!



    MANRICO:

    Ahi misera!...



    (Entra il Conte, arrestandosi sulla soglia)



    LEONORA:

    Ecco l'istante... io moro...

    (stringendogli la destra in segno d'addio)

    Manrico! Or la tua grazia...

    Padre del cielo... imploro...

    Prima... che... d'altri vivere...

    Io volli... tua morir!

    (Spira)



    CONTE:

    (Ah! volle me deludere,

    E per costui morir!)

    (ad***ando agli armati Manrico)

    Sia tratto al ceppo!



    MANRICO: (partendo tra gli armati)

    Madre... oh madre, addio!



    Azucena: (destandosi)

    Manrico!... Ov'ố mio figlio?



    CONTE:

    A morte corre!...



    AZUCENA:

    Ah ferma!... m'odi...



    CONTE: (trascinando Azucena verso la finestra)

    Vedi?...



    AZUCENA:

    Cielo!



    CONTE:

    ẩ spento!



    AZUCENA:

    Egli era tuo fratello!..



    CONTE:

    Ei!... quale orror!...



    AZUCENA:

    Sei vendicata, o madre!



    Conte: (inorri***o)

    E vivo ancor!

    FINE




    ANGELIQUE
  2. Angelique

    Angelique Thành viên quen thuộc

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    17/04/2001
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    The plot is set in Spain, in Biscalla and in Aragona, at the beginning of XV century
    Act I
    In the darkness of the night Ferrando, head of Conte di Luna's guards, is waiting his master's return . Solicited by drowsy sentinels he tells them the gloomy history of his master. The former Conte di Luna was victim of black magic from a gypsy woman, who was surprised near his younger son Garzìa's cradle (Di due figli vivea ). Captured by the guards she was burned alive. But a daughter of the gypsy had kidnapped Garzìa. In the pyre were the gypsy was burned was found also a child's burned corpse, and everyone believed it to be Garzìa, the former Count's son. They searched all the region, but the gypsy's daughter was never found. The old Count, before dying, said that his younger son was still alive.The scene moves to the new Count of Luna's palace garden, where appears Leonora, a Queen's dame, with her servant and friend, Ines. The two ladies are waiting for someone. Leonora tells Ines she wants to meet her beloved , a troubadour whose singin was once heard by Leonora from under her window (Tacea la notte placida ). From that moment she is loving that unknown singer (Di tale amor ). Called by the Queen the two have to come in, but Leonora heards again that singing (Deser*****lla terra ) and slips out to meet the troubadour. But she meets Conte di Luna, whose brother was the kidnapped Garzìa, who is going to declare his love to Leonora. Fooled by darkness, Leonora declares her love to the Count, but as she realizes the situation she immediately runs at the troubadour's feet and declares that he is her real love. The Count, mad of jealousy, forces the troubadour to reveal his identity and challenges him to a duel (Di geloso amor sprezzato ). The troubadour's name is Manrico.
    Act II
    Manrico wins the duel but is hurt, and retires to a gypsy camp in Biscalla's mountains (Chi del gitano ). Here Azucena, a gypsy he belives to be his mother, remembers the terrible death of Manrico's grandmother, the gypsy burned on the pyre (Stride la vampa ). When he's alone with Azucena, Manrico asks her to tell him everything. Azucena tells him of the incredible mistake she committed in that dramatic moment (Condotta ell'era in ceppi ): she kidnapped the Count's son, but she was so out of her that she burned her own son... the gypsy stops, as she understand to have said too much, but Manrico wants to know more. Azucena gives evasive answers, assures him that what she said is false, only coming from too much emotion (Mal reggendo ), and asks her son for vengeance . But in that moment news arrive that Leonora is going to become a nun, and that the Count of Luna conquered the town of Castellor. The troubadour, in spite of Azucena's will, leaves to reach leonora before she speaks the vows, but in the meantime the Count of Luna sets to kidnap her from the cloister (Il balen del suo sorriso ). Manrico arrives first, and takes her with him (Sei tu dal ciel disceso ).
    Act III
    The Count's soldiers are playing dices (Or co' dadi ) while waiting the assault to the enemy's castle (Squilli, echeggi la tromba guerriera ), but the Count arrests Azucena who was wandering near the Count's camp, and Ferrando identifies her as the gypsy who kidnapped his master's son. Azucena refuses to confess, but invokes Manrico's name. The count, happy to have his rival's mother in his hands, decides that she has to be burned like the old gypsy. The news reaches Manrico who is going to marry Leonora in the castle's Chapel (L'onda dei suoni mistici ). He runs to help his mother (Di quella pira ).
    Act IV
    Manrico's attempt to save his mother fails: he is jailed and will be beheaded at dawn, as decided by the Count of Luna. Leonora is in despair close to the tower where the trobadour is imprisoned (D'amor sull'ali rosee ), while the Miserere ) , death chant for the prisoners, is already heard (Tu vedrai che amore in terra ). Leonora to save her beloved promises to the Count that she will marry him if he saves the two prisoners' lives (Mira, di acerbe lagrime ). The Count agrees (Vivrà! Contende il giubilo ), but she swallows a poison to die and so to avoid marrying the man she does not love. Meanwhile Azucena and Manrico are in the same cellar (Ai nostri monti ), when Leonora gives them the news of their freedom (Ciel. non m'inganna ), but Manrico refuses, understanding what Leonora had to promise to the Count to obtain the grace . But the poison has its effect and Leonora dies in the troubadour's arms . The Count of Luna forgets the promise and orders Manrico to be immediately executed. When Manrico is already died Azucena wakes up in the cellar and reveals to the Count of Luna the terrible truth: Manrico was his brother!When she had exchanged the babies and had burned her own son, she had taken with her the Count's son, Garzìa. She fostered him as if he were her own son, giving him the name of Manrico. As the Count of Luna realizes to have executed his own brother he is overcame by horror .

    Author: Laura Bandiziol





    ANJALIKA
  3. Angelique

    Angelique Thành viên quen thuộc

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    Tonal polarities in Il Trovatore
    Il Trovatore is often considered a "conservative" opera, quite and extreme homage by Verdi to the formal structures he himself was loosening in La Traviata.
    But in spite of the fully tra***ional structure, in this opera entirely built of "numeri chiusi" (the ones Wagner hated), we can find interesting tonal and formal particularities, that are part and sometimes examples of the compositional modalities used by the great musician from Busseto. Many studies have been made on this subject: to know more you could refer to the acts of the Congressi Verdiani in Parma, or the writings by Baldini. Here we obviously are limited to some general indication.
    First of all we must introduce the concept of polarity. With this term we indicate an "enlarged" use of the usual tonic-dominant relations that were the basis of classical opera: the relations are extended to other tonalities, directly related to the main one, creating a sort of "tonality web". All these tonalities are "poles", linked together; the whole tonality net substitutes the unique tonality of the classic form. The different tonalities are in a dramatic struggle among them, like the characters on stage, to assert the "definitive tonic".
    The relation linking together the different tonalities in Verdi is often the interval of third: e.g. D Major is linked to F# Major, that is linked to A Major; C minor can be linked to Ab or Eb Major. But often Major and minor are equivalent in this relations, and we can see D Major indifferently linked to F# minor or Major.
    These theories are better understood by some examples, and the best examples of this harmonic structure are just in Il Trovatore.
    The Scene, Aria, Scene and Duet of Leonora (Parte Quarta - Il Supplizio) has the following tonal structure: Preludio "Siam giunti: ecco la torre" (F min.), Aria "D'amor sull'ali rosee" (F min. - Ab Maj.), Miserere (Ab min. - Ab Maj.), Cabaletta "Tu vedrai" (F Maj.), Scena "Qual voce" (Eb Maj. - Ab min.), Aria "Mira di acerbe lagrime" (Ab Maj.), Transizione "Conte... Grazia!" (Ab min.) Cabaletta "Vivrà! Contende il giubilo" (F Maj.).
    We can see that the tonal relations are based not on the conventional tonic-dominant or tonic-Major relative ones, but on the interval of third and the equivalence between Major relative (Ab Major) and its minor mode (Ab minor in the Miserere). The third relation is accompanied by some deeper relation we can see only by a sharper look, and one of these is the modulation from F minor to Ab Major in the Aria D'amor sull'ali rosee: it happens precisely on the word "misero" , anticipating even on the textual level the Ab minor/Major of the "Miserere" .
    Moreover, it's interesting to see how this polar structure links together the "numeri chiusi": the closed pieces are not independent as in tra***ional opera, but are blocks that build a superior formal and harmonic unity. This explains well the sense of compactness and oneness that Il Trovatore conveys in spite of its tra***ional form.
    Another example can be found in Parte Seconda: Coro di Zingari "Chi del gitano" (E min. - G Maj. - C Maj.), Canzone di Azucena "Stride la Vampa" (E min.), Ripresa del Coro (C Maj.), Scena "Condotta ell'era in ceppi" (A min.), Duetto "Mal reggendo" (C Maj. - G min. - G Maj.).
    In the starting chorus we see that even the internal relations are based on the third (E-G E-C). Between the various pieces the relation is the same: E-C C-A E-G. In this case we have again the equivalence Major-minor (in the duet "Mal reggendo"). These tonal polarities are based on the E min.-G Maj. path (Major relative), instead of the first example that was based on F Maj./min. as the main tonality.
    Many more examples we could tell, from the whole Trovatore. To end this analysis we see the last tonal relation, from Leonora's Scena e Cavatina (Parte Prima): Scena "Che più t'arresti" (Eb Maj. - C# min. - Db Maj.), Aria "Tacea la notte placida" (Ab min. - Ab Maj.), Transizione (A min. - C Maj. - F min. - Eb Maj.), Cavatina "Di tale amor" (Ab Maj.).
    Here all the polarity and textual adherence links are at work: in the opening Scene we see that the third interval can be a diminished one (Eb-C#); then we have the Major-minor equivalence (C# min. - Db Maj.), an enharmonic one; then the relation with the Aria, that without the enharmonic change is always a third (Db-Ab=C#-Ab), and an augmented one. In the transizione the third interval continues to dominate the polarities (A-C A-F C-Eb), eventually we are back to the Ab that is the center of the tonal network. As for the relation with the text, we see that the beautifully sweet modulation from Ab minor to Ab Major in the Aria Tacea la notte placida happens just on the words "dolci s'udiro" (sweet they were heard).
    We conclude noticing that the opera starts in E Major and ends in Eb minor , with deep dramatic meanings: the semitone shift and the change from Major to minor could express a "wearing out", an "exhausting" quite the "running out" in the transit from the initial situation, dramatic but full of living passions, to the tragic "running out of characters".

    Author: Marco Milano


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